Testi per la vita monastica Monachesimo - sezione III scheda bio-bibliografica Thomas
Merton OCSO Cos’è la vita monastica
Il viaggio monastico: “Credo che il cristiano sia uno
che sacrifica la mezza verità per la salvezza della verità intera, che
abbandona un concetto incompleto e imperfetto di vita per una vita integrale,
unificata e strutturalmente perfetta. L'entrare in questo genere di vita non
è la fine del VIAGGIO, ma solo l'inizio”.
Un VIAGGIO che si conclude là dove era iniziato, o meglio, un viaggio
che non può concludersi ma che procede “d'inizio in inizio”. Non un circolo
vizioso, se si riconosce con stupore rinnovato che il punto di partenza non
siamo noi, ma è Dio in noi; ma un progressivo penetrare nella profondità dei
misteri di Dio, attraverso una sempre più consapevole conoscenza di noi
stessi e dei nostri limiti. Da quest’opera (l’ultima e
postuma di T. Merton: infatti egli aveva consegnato lo scritto all’editore mentre
stava partendo per l’Asia, dove morì tragicamente) è stato scelto il 1° capitolo (“cos'è la vita monastica?”),
perché T. Merton – con la chiarezza e concisione di sempre e con la maturità
ormai raggiunta – possa contribuire ad una più profonda definizione della
vocazione monastica. (Negli altri capitoli del libro
si parla dei preparativi per il viaggio, degli strumenti e degli alimenti
indispensabili per affrontarlo, delle zavorre che lo rallentano, delle paure
e dei pericoli che possono attraversarlo o interromperlo, delle speranze che
lo rendono attraente) Thomas Merton - The Monastic Journey [Il viaggio monastico] © 1977 The
Merton Legacy Trust Traduzione italiana: Un vivere alternativo, © 1994 Qiqajon Bose - Magnano Tutti i
diritti sono riservati per il testo: ©
all'Autore e all'Editore; per la
traduzione: © al traduttore |
indice di: UN VIVERE ALTERNATIVO cos'è la vita monastica?: Incontro e interrogativi – Monachesimo oggi – Cos'è un monaco?
– Purezza di cuore – Preghiera, lode e lavoro – La comunità monastica principi di base della spiritualità monastica: Cosa cerchi? – Il Verbo si fece carne – La parola della
croce – Figli della risurrezione – Figli ed eredi di Dio – Sposa di Cristo –
II monaco in un mondo in trasformazione pace monastica:
Beati
i costruttori di pace – Azione e contemplazione – Scuola di carità – Visione
di pace – "Io ho scelto voi" una questione di scelta: Custodire una tradizione – Aprirsi all'uomo progetto per un
eremo: Necessità
di un eremo – Regolamento dell'eremo – Scopo della skiti – Vita nelle celle –
Ammissione – Stile di vita – Pasti – Orario – Lavoro – Penitenza – Carità –
Preghiera – Relazioni con gli esterni – Necessità spirituali degli eremiti –
Organizzazione – Promesse – Reclusione deserto e paradiso – la
vita solitaria |
Thomas
Merton OCSO COS'È
Incontro
e interrogativi La vita è fatta di incontri. Un
vero incontro stimola domande e risposte. Quando incontri uno straniero
interessante, ti scopri attento e curioso. Chi è costui? Cerchi di scoprire
qualcosa del mistero della sua identità e della sua storia. Se poi ispira fiducia,
se sembra una persona di esperienza e profondità non comuni, cominci ad
aprirti a lui e a condividere con lui il segreto della tua stessa vita. In
questo senso, un incontro personale vero non porta solo una conoscenza
dell'altro ma anche una più profonda comprensione del proprio io. Incontrare non una persona ma
una comunità religiosa – una comunità monastica – è un'esperienza insolita.
Non solo perché una comunità monastica è un insieme di uomini davvero unico e
originale, con una caratterizzazione religiosa e storica che desta interesse
e sfida la mentalità moderna, ma anche perché l'incontro con una tale
comunità ha regole e limiti propri. Puoi osservare gli edifici,
ascoltare i monaci in coro. Puoi parlare a un fratello in portineria. Puoi
fare un ritiro nello spazio riservato agli ospiti, visitare gli ambienti del
monastero, parlare con il foresterario o con il responsabile dei ritiri. Ma
subito appaiono le restrizioni. Alle donne non è permesso varcare la soglia.
Gli uomini possono farlo ma non è concesso loro di dialogare con tutti i
monaci. Di fatto, i membri della comunità che non hanno incarichi speciali,
li vedi raramente da vicino. Perché queste restrizioni? Perché i monaci
conservano fra di loro il silenzio e si astengono dal parlare agli esterni?
Perché i monaci stanno in clausura invece di insegnare e predicare e svolgere
altre attività che sono normalmente congiunte con una vita dedicata a Dio? Ad ogni modo, che genere di vita
conducono questi uomini silenziosi? Sono felici? Trovano la loro esistenza in
monastero maggiormente significativa o rimpiangono segretamente non solo i
piaceri e i vantaggi del mondo esterno ma anche le sue responsabilità, le sue
sfide e le sue conquiste? Monachesimo
oggi La vita monastica è una vita di rinuncia
e di servizio totale e diretto nei confronti di Dio, per amor suo. Può essere
considerata ancora come qualcosa che un uomo del XX secolo può
ragionevolmente intraprendere? E solo una fuga? E rifiuto della compagnia
degli altri uomini, misantropia, evasione, delusione? Un monaco deve comprendere le
ragioni che lo hanno portato in monastero e riesaminarle di tanto in tanto
nel suo cammino vocazionale. Ma un atteggiamento difensivo, apologetico non
si accorda con la vita monastica. Non è del monaco tentare di convincere
tutti affinché giustifichino la sua vita. Egli si aspetta soltanto di essere
preso per quello che è, di essere giudicato per quello che è e non perde
tempo nel cercare di convincere gli altri, o anche se stesso, di essere
qualcosa di speciale. Il monaco si occupa più di Dio e
di coloro che da Dio sono amati, che non di se stesso. Non cerca di
giustificarsi a proprio vantaggio confrontandosi con altre persone: piuttosto
osserva con un unico sguardo se stesso e tutti gli uomini, alla luce dei
grandi e importanti fatti che nessuno può fuggire: il fatto di una morte
inevitabile che pone fine alle battaglie e alle gioie della vita, il fatto
che il significato della vita sia solitamente oscuro e appaia talvolta
impenetrabile, il fatto che la felicità sembri allontanarsi da un numero
sempre maggiore di persone mentre il mondo in se stesso diviene più prospero,
più confortevole, più sicuro delle proprie capacità, il fatto del peccato –
questo cancro dello spirito – che distrugge non solo il singolo e i suoi
desideri di felicità ma intere comunità e perfino nazioni, il fatto dei
conflitti umani, dell'odio, della violenza, della distruzione, della
ribellione, della falsità, dell'uso indiscriminato del potere; il fatto che
certi uomini si rifiutino di credere in Dio perché ritengono ciò
“irragionevole” e si abbandonino poi – di fatto, irrazionalmente – a forme di
fede più meschine: credono ciecamente a un mito secolare (razzismo,
comunismo, nazionalismo) o a uno delle migliaia di altri miti che oggi acriticamente
si accettano. Il monaco non sfugge questi
fatti che lasciano perplessi. Si pone di fronte ad essi così come si pone di
fronte al vuoto religioso che c'è nel mondo moderno. È consapevole che, per
molti, “Dio è morto”. Sa che questa apparente “morte” di Dio è, in realtà,
espressione di un profondo fenomeno moderno: l'incapacità dell'uomo a
credere, la morte della fede soprannaturale. Sa che i semi di questa morte
sono anche dentro di lui, perché malgrado sia un credente, deve anch'egli
talvolta riscontrare in se stesso la possibilità dell'infedeltà e del
fallimento. Più di chiunque altro comprende che la fede è puro dono di Dio e
che nessuno sforzo può dare all'uomo un merito per vantarsi agli occhi di
Dio. Cos'è questa cosiddetta “morte
di Dio”? In realtà è la morte di alcune possibilità di vita presenti
nell'uomo. È la morte del coraggio spirituale che, nonostante tutte le
negazioni e le proteste del pensiero comune, osa impegnarsi irrevocabilmente
a credere in un principio divino della vita. È la morte apparente di ogni
capacità di concepire come valida questa possibilità, di raggiungerla, di
aggrapparvisi, di obbedire ai suggerimenti dello Spirito e di abbandonare il
nostro cuore e la nostra mente all'Evangelo di Gesù Cristo. Un monaco ha compiuto questo
abbandono, ne conosce il prezzo e sa che questo non lo preserva dai dubbi e
dai conflitti dell'uomo moderno. Ma crede di possedere la chiave per
affrontarli, e di poter dare un senso alla propria vita, valido non solo per
sé ma per chiunque. Scopre questo senso nella fede, e non negli argomenti
sulla fede. Certamente la fede non si oppone alla ragione. Si può mostrare
come essa sia ragionevole, sebbene non possa essere razionalmente “provata”.
Ma una volta che si crede, si comincia a essere in grado di capire il
significato profondo della propria fede e a coglierne la validità anche per
gli altri. Sia la fede sia questa ulteriore comprensione sono speciali doni
di Dio. Cos'è
un monaco? In quasi tutte le grandi religioni
del mondo troviamo gruppi di uomini e donne che si separano dalla vita
ordinaria della società, si assumono particolari e seri impegni e si dedicano
sopra ogni cosa a un unico fine: comprendere e praticare sempre più
profondamente la propria religione. Nell'induismo, attraverso una
purificazione ascetica e mistica, il monaco cerca la liberazione dal circolo
terreno del tempo e dall'inganno dell'apparenza. Nel buddismo cerca
l'illuminazione nel fondo del proprio essere. Nel giudaismo, poco prima della
venuta di Cristo, i monaci di Qumran vivevano la profezia
vetero-testamentaria con una profonda dimensione escatologica. Nell'islam,
sebbene i sufi non siano “monaci”, hanno sempre cercato una profonda
esperienza estatica di unione con Dio. Nel cristianesimo il monaco cerca
innanzitutto di vivere la propria fede secondo l'evangelo di Gesù Cristo,
rinunciando a se stesso, portando la propria croce e seguendo Cristo. Si
unisce a Gesù nel nascondimento degli anni trascorsi a Nazaret lavorando, o
lo segue nel deserto condividendo la preghiera solitaria del Maestro. La vita monastica, secondo la
tradizione cattolica, è concepita quale risposta all'appello evangelico di
Gesù Cristo alla penitenza e alla preghiera. Tutti i cristiani cercano di
salvare la propria anima seguendo Cristo. Tuttavia, i monaci, prestando una
particolare attenzione ai comandi del Maestro, cercano di osservare più da
vicino e più fedelmente alcune sue parole, quali: State bene attenti che i vostri
cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita
e che quel (ultimo) giorno non vi piombi addosso improvvisamente ... Vegliate
e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza ... di comparire davanti
al Piglio dell'uomo (Lc 21,34-36). Se qualcuno vuoi venire dietro a
me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà
salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa
mia, la troverà. Quale vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo
intero, e poi perderà la propria anima? (Mt 16,24-26). Se vuoi essere perfetto, va',
vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel ciclo; poi
vieni e sèguimi (Mt 19,21). Se uno mi ama, osserverà la mia
parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso
di lui ... Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti,
rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e
rimango nel suo amore (Gv 14,23; 15,9-10). La moltitudine di coloro che
erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva
sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune
(At 4,32). Il monaco prende estremamente
sul serio l'evangelo. Mediante la sua fede in Cristo, si impegna a sviluppare
una speciale consapevolezza delle possibilità e dei rischi spirituali della
vita umana. “State bene attenti ...”. La vita monastica è una vita che, per
mezzo della disciplina e della rinuncia, libera l'uomo dalla disattenzione e
dall'irresponsabilità, dall'insensibilità spirituale e dalla mancanza di
libertà che sopraggiungono quando ci si immerge negli affanni, nei piaceri e
nella ricerca di sé. Il monaco si sforza di
apprendere quello spirito di sacrificio attraverso il quale, affidandosi a
Cristo e alla sua vicinanza e potenza, potrà liberarsi da se stesso, perdere
la preoccupazione per la propria vita e per la propria realizzazione, al fine
di abbandonarsi a un più profondo, invisibile principio. Lo Spirito santo,
quale fonte di luce e di vita, si rende misteriosamente presente all'uomo
che, per amore di Cristo, non cerca più di avere come guida il proprio
capriccio e la propria volontà. Il monaco si sforza di penetrare
il significato profondo di tutte le parole di Cristo, di conservarle nel
cuore notte e giorno, meditandole (cf. Lc 2,19). Il monaco cerca l'unione con
Cristo attraverso l'amore obbediente e fedele. Crede che attraverso l'amore
rimane in Cristo e Cristo rimane in lui (cf. Gv 15,1-5). Quest'unione
misteriosa del cristiano con Cristo può divenire – e di fatto diviene –
davvero molto più di una questione di fede cieca. Nella vita monastica, la
fede si apre alla luce di una comprensione spirituale, che è comunque
proporzionata all'umiltà e alla purezza di cuore del monaco (cf. Mt 5,3-12). Purezza
di cuore La disciplina della vita
monastica è tutta orientata verso un unico fine: far crescere la “purezza di
cuore”, che è una dimensione di pace, altruismo, umiltà, disinteresse verso i
modelli e le preoccupazioni di una vita dominata da affanni che rendono
schiavi. La purezza di cuore non è però
il risultato di un impegno individualistico, un qualcosa raggiungibile solo
con l'introspezione, l'analisi del proprio io e i più seri sforzi per progredire
spiritualmente, senza curarsi delle necessità degli altri. La purezza di
cuore, secondo la tradizione monastica, non può svilupparsi senza un'umile
fraternità nella carità di Cristo. Questa è la ragione per cui la vita
monastica comunitaria, con i suoi costanti richiami al servizio
disinteressato e alla carità, è il mezzo principale per portare il cuore
dell'uomo a uno stato di pace, dolcezza,
fede e semplicità. Il monaco, tuttavia, vive la sua
vita comune in uno spirito di solitudine interiore. Ecco perché in alcuni
monasteri, come quelli cistercensi, viene dato un particolare risalto al
silenzio e alla preghiera. La vita nel silenzio e nella
preghiera non dovrebbe mai creare un senso di conflitto tra l'amore di Dio e
l'amore del fratello. Quando questi si intralciano e l'uno impedisce l'altro,
è segno che non si conduce una vita da vero monaco, in modo pieno e maturo,
con spirito di fede. Ma, concretamente, può essere molto difficile imparare a
fare una vita comune fraterna e allo stesso tempo meditare e adorare Dio nel
proprio cuore. Uno dei segni della vocazione cistercense è la capacità di
riconciliare queste due linee apparentemente conflittuali in una vita di
silenzio e di semplicità tra fratelli. Preghiera,
lode e lavoro Il monaco è un uomo di preghiera
e di lode. La sua vita di preghiera è basata sulla liturgia della Chiesa, il
canto dei salmi e il sacrificio eucaristico. Per il monaco, la liturgia è la
via regale per andare a Dio. Questa è la ragione per cui Benedetto disse che
“niente deve essere anteposto all'Opera di Dio” (opus Dei: RB 43,3). Centro
della liturgia è la celebrazione eucaristica, il memoriale del sacrificio di
Cristo, vittima e sommo sacerdote in mezzo al popolo che si è eletto. Per
capire realmente che cosa sia la liturgia, dobbiamo comprendere la vera
natura del cristianesimo. Che cos'è il cristianesimo se non il mistero di
Cristo in noi, il mistero di Cristo nella sua Chiesa, il mistero della nostra
salvezza e dell'unione con Dio in Cristo Gesù? Paolo ci mostra il vero
significato del “mistero taciuto per secoli eterni ma ora rivelato” (Rm
16,25-26). E il mistero della nostra incorporazione a Cristo. E il disegno
eterno e santo di Dio Padre che ci salva in Cristo suo
Figlio, per “benedirci con ogni benedizione spirituale nei cicli, in Cristo
... poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo
la sua benevolenza ... per ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del
cielo come quelle della terra” (Ef 1,3.9-10). La “ricapitolazione” di ogni
cosa in Cristo significa la pneumatizzazione dell'intera creazione attraverso
il contatto con la sacra umanità del Verbo. L'Uomo-Dio Cristo Gesù regna nei
cieli. Ma è presente e agisce sulla terra nei membri del suo corpo, Ora, è per la forza della sua
croce che siamo salvati, e la nostra vita in Cristo nasce dalla
com-partecipazione alla sua morte e risurrezione. Ma la croce e la
risurrezione di Cristo sono più che una memoria storica. Sono una realtà
presente, resa misticamente attuale dalla liturgia, o dall’ “azione sacra”
che chiamiamo Messa. Questa è un mistero sacro, un'azione divina e umana dove
Dio e l'uomo condividono un'unica festa di amore, di sacrificio e di
riconciliazione. Gesù promise chiaramente che
sarebbe stato presente nella sua Chiesa in modo reale e oggettivo, come sua
guida, santificatore e maestro, ma in modo speciale nella più concreta e più
spirituale di tutte le azioni: il suo sommo sacrificio sacerdotale. Gesù Cristo è allora nostro
sacerdote e nostra vittima, ed è lui che offre misticamente Da questo grande centro
dell'Eucaristia, la liturgia si irradia per santificare ogni momento della
giornata attraverso le ore canoniche dell'ufficio divino, il sacrificio di
lode della Chiesa. L'uomo ha un corpo e un'anima ed
entrambi devono svolgere il proprio compito ogni giorno. Il corpo deve essere
nutrito e coperto, e a questo fine l'uomo deve lavorare con le proprie mani,
arare il terreno, spaccare la legna, prendersi cura del bestiame, farsi degli
abiti, riscaldare la propria casa e arredarla con semplicità. Ma più
importante è il nutrimento dell'anima, mediante lo studio, la lettura, la
meditazione e la contemplazione delle cose divine. L'uomo deve allora
innalzare il suo spirito a Dio nel ringraziamento, nella preghiera, nella
penitenza e nell'adorazione. Nessuno di questi aspetti viene trascurato in
monastero. La regola di Benedetto tiene in grande conto la natura umana e si
cura di dare all'uomo una vita sana e felice, che Benedetto chiama “scuola
del servizio divino” (RB, Prol. 45). Sono certo presenti la fatica e il
sacrificio ma ancor più vi è la soddisfazione di un compito svolto bene. E
alla fine, al di sopra di tutto, c'è la gioia soprannaturale di chi ha donato
tutto il suo tempo e i suoi pensieri a Dio e vive come figlio fedele del suo
Padre celeste. La
comunità monastica La vita monastica comunitaria ha
per modello quella dei discepoli riuniti attorno al Maestro. La comunità ha
quale suo vero capo Cristo. La fede, per mezzo dello Spirito santo, guida il
monaco verso di lui e gli dona forza, consiglio, sostegno, stimolo e
coraggio. Ma il Maestro si rende visibilmente presente tra i suoi discepoli
attraverso una figura umana, l'abate. Eletto dalla comunità, l'abate è un
monaco maturo e ricco d'esperienza, capace di presiedere la vita del
monastero e di prendersi cura delle necessità spirituali e materiali dei
monaci. Secondo il voto emesso, tutti i monaci gli obbediscono in spirito di
fede, e sotto la sua guida compiono il lavoro che è loro richiesto per il bene
comune. Alcuni monaci diventano
presbiteri e tra questi vi è chi svolgerà i necessari ministeri sacramentali,
spirituali, o di insegnamento, in comunità o presso gli ospiti. Tuttavia, non
si ordina uno presbitero solo perché svolga un lavoro. Altri in comunità restano monaci
senza ricevere gli ordini sacri. Essi possono scegliere se dedicare un tempo
maggiore alla preghiera corale e allo studio, oppure al lavoro manuale. Ma
tutti i membri della comunità pregano, lavorano manualmente e leggono o
studiano. Le proporzioni variano da monastero a monastero. In passato esistevano
chiaramente due distinte categorie di monaci: i coristi e i fratelli
conversi. Dal punto di vista canonico questi ultimi erano a un diverso
livello rispetto ai primi. Ma ora la condizione è stata unificata; tutti
hanno gli stessi diritti e sono giuridicamente equiparati. Resta la diversità
dei ministeri, dal momento che alcuni sono attratti maggiormente dal lavoro
manuale che non da quello intellettuale e altri sono meglio dotati per il
servizio del coro. Il vero ideale monastico non ha mai presentato una rigida
uniformità: al contrario, deve esservi spazio per una diversità di doni e di
carismi e nessuno deve tentare di comprimere gli uomini in uno schema per il
quale non sono dotati dalla natura o dalla grazia. Uomini di ogni genere,
professione, carattere, di ogni livello sociale e di ogni razza e nazione, si
legano assieme in monastero con vincoli di fede e carità. Per esperienza
hanno imparato che sono tutti figli di uno stesso Padre celeste. Qui non
esistono distinzioni razziali o sociali. Tutti sono uno in Cristo e tutti
possono unirsi al canto del salmista: “Ecco com'è buono e soave che i
fratelli vivano insieme” (Sal 133,1). * * * |