Testi per la vita monastica Cultura Monastica - sezione III scheda bio-bibliografica P. Jérôme (Jean KIEFER) OCSO Teologia silenziosa
Padre Jérôme (Jean Kiefer)
nacque il 17 luglio Nel monastero trappista di
Sept-Fons (in Francia) entrò l'8 dicembre 1927,
mentre era Abbate Dom J-B.Chautard.
Divenne Professo nel 1931 e
Sacerdote nel 1936. Dal 1939 fino alla morte (con una interruzione dal 1967 al 1969, dovuta a un tumore) esercitò importanti incarichi di
amministrazione, e insegnò filosofia e teologia ai monaci. Si occupava dei
campi; era a disposizione degli
ospiti, soprattutto sacerdoti. È morto la mattina del 29
gennaio 1985. È stato un grande maestro di
preghiera e di vita spirituale e monastica. Gli scritti di P.
Jèrôme sono
molto brevi e concentrati. Non sono molti, per di più parecchi sono tuttora
inediti. P. Jèrôme ha scritto solo per i
confratelli monaci e per qualche amico. Ma i suoi scritti, ricopiati a mano o
dattiloscritti o fotocopiati, sono usciti dal monastero e hanno nutrito anche
altri religiosi, sacerdoti e laici, perché esprimono i valori evangelici più
profondi, come sono espressi e vissuti nella santa Regola di san Benedetto. In italiano alcuni scritti erano stati pubblicati dalle
Edizioni Paoline nel 1991, raccolti sotto il titolo “FEDELI PER SEMPRE” (ma
tuttora esauriti): “Le vie della Provvidenza” (pagg. 67-170) e
“Possibilità e melodie” (pagg. 171-222). In questo sito pubblichiamo in nostra traduzione il
testo San Benedetto nuovamente seguito Non ancora tradotto è: “Invitatoire pour Ancora inediti sono: Appunti dei monaci ai suoi Corsi filosofici
e teologici ; “Les 24 thèses cisterciennes”; Lettere, resoconti di colloqui
(èditi da P. Nicolas o ancora inediti). Il
testo presente
è estratto da: Fedeli per sempre,
cap. 5°: Il prezzo della possibilità, Edizioni Paoline, Milano
1991, pag 209-213. (Il testo si rivolge al p.Nicolas) |
padre Jérôme (Jean Kiefer) ocso TEOLOGIA SILENZIOSA
Che lo si voglia o no, l'unione dell'uomo
con Dio, le condizioni e le esigenze di questa unione costituiscono una vera
e propria scienza. Dobbiamo pertanto acconsentire a farci insegnare qualche
piccolo principio normativo e intangibile circa questa scienza. Non avrebbe
alcun senso voler inventare tutto da sé. Inoltre, nella vita spirituale, come
nel lavoro manuale o nello sport, il conoscere un po' di tecnica rende tutto
più interessante e dà sicurezza. Non possiamo andare alla ricerca di Dio con
mezzi qualsiasi né in una direzione scelta a caso. Oggi la spiritualità
come scienza è sottostimata, a favore di uno studio quasi esclusivo della
Bibbia. Cerchiamo di ragionarci un po' sopra. Ho iniziato a leggere ogni
giorno la sacra Scrittura molto tempo prima che questa pratica si diffondesse.
Per 25 anni, ogni anno, l'ho letta da cima a fondo. Non c'è bisogno di
aggiungere che ne ho ricavato benefici, incoraggiamento e conoscenza nella
misura delle mie possibilità. Nonostante ciò sono arrivato alle seguenti due
conclusioni: per prima cosa, la sacra Scrittura non può fornire da sola il
leggero supporto di cui ha bisogno l'orazione non discorsiva; in secondo
luogo, la sacra Scrittura non è in grado di insegnarci tutto quanto è
necessario sapere circa la vita interiore. Molte nozioni indispensabili
possono essere acquisite soltanto per mezzo della teologia dogmatica e della
dottrina dei maestri spirituali. Per poter prendere quelle decisioni che si
presentano lungo tutta una vita di preghiera e non soltanto ai suoi inizi, il
nostro spirito ha bisogno di principi formulati chiaramente, principi a cui
sono giunti spiriti più competenti di noi con la loro esperienza e le loro
riflessioni. O meglio, i più qualificati tra gli amici di Dio, aiutati senza
alcun dubbio da un carisma divino, ci hanno lasciato carte stradali
eccellenti e utili libretti di istruzioni per ogni tipo d'auto. Se mancassimo
di queste carte e di questi libretti, non conosceremmo mai con sufficiente
esattezza il viaggio che Dio vuoi farci fare, né come effettuarlo né per
quali sentieri. Rischieremmo di ritardare, di incorrere in incidenti e,
quello che è peggio, di rinunciare nel bel mezzo del viaggio. La parola di
Dio non vanifica la parola degli amici di Dio, i nostri fratelli maggiori, i
nostri maestri. Vuole che le faccia capire di
cosa si tratta con qualche esempio? Prendiamo una situazione classica, tipica
degli inizi e che per questo motivo riveste una notevole importanza. Un
monaco comincia a vivere la sua vita interiore. Gli verranno richiesti sforzi
per ridurre i propri difetti, per acquisire delle virtù e per esercitarsi nell'orazione
discorsiva. Questo vuol dire che deve già assimilare modesti ma ben precisi
elementi dottrinali. Se il nostro monaco mostra di essere fedele in queste
pratiche, Dio può decidere di prendere la situazione in mano: per mezzo di
prove chiaramente provvidenziali, deciderà di organizzare Egli stesso gli
sforzi che il nostro monaco faceva in precedenza, e sospenderà l'orazione
discorsiva per sostituirvi un'orazione contemplativa. Se l'interessato non
vuole ostacolare questi cambiamenti, bisognerà di nuovo che possegga al
riguardo insegnamenti sicuri. Infine, se Dio non intraprende queste
iniziative, non è certo possibile costringervelo, né fare alcunché per
meritarle, ma solo offrirsi ad esse in umile dipendenza. Il monaco, infatti,
non deve accontentarsi di aspettare queste grazie, ma può fare realmente
qualcosa per prepararvisi. Ciò richiede ancora una volta svariate precise
conoscenze, molto più particolareggiate che le precedenti. Forse lei troverà
nella sacra Scrittura qualche direttiva circa la prima di queste tre tappe,
ma certamente nulla di preciso riguardo alle altre due. Di conseguenza, deve
prima conoscere la dottrina spirituale se vuole trovare nella Scrittura un
qualche aiuto per la vita della sua anima. Ecco perché le
auguro di aspirare a far suo questo bel sapere, questa bella scienza
dell'avvicinarsi a Dio e alla sua amicizia. Le auguro prima di tutto il
sapere dottrinale. Mi dica, per esempio, che cosa significa « i differenti
modi di innaffiare un giardino » oppure « l'acquisito, l'infuso, il sentito e
il non sentito » o ancora « le quarte dimore ». È capace di associare o di
distinguere appropriatamente queste tre nozioni? Non è che l'inizio
dell'arte! Mi risponderà: « Io prego spontaneamente, senza tecnica né
dottrina, e questo mi basta ». In effetti le basta se si accontenta di volare
raso terra tutta la vita. Ma il volo raso terra pone le condizioni di una
fine prematura del viaggio a causa di un accidente del terreno del tutto
banale. Perciò è meglio volare un tantino al di sopra degli ostacoli. Le grazie d'unione
a Dio sono dei mezzi e pertanto bisogna sapersene servire non appena ci
vengono offerte. Mediti sulla parabola delle vergini sagge e delle vergini
stolte, perché in questo caso trova una diretta applicazione. Bisogna avere
la propria lampada accesa e provvista di olio quando sopravviene la grazia o
l'autore della grazia. Ne va delle nostre possibilità. Questa scienza, che raccoglie le
regole dell'amicizia divina, mi pare possa essere denominata « teologia
silenziosa » e distinta dalla « teologia predicabile ». Prendo in
prestito entrambe le espressioni dal cardinale Charles Journet (Connaissance
et inconnaissance de Dieu, L.U.F.-Egloff, 1943, p. 109). Chi cerca prima di tutto l'intimità con Dio troverà meno
verità e amore, in una parola meno possibilità, nella teologia predicabile
che in quella silenziosa. Ma quest'ultima, ovviamente, bisogna che meriti il
nome di teologia e ne soddisfaccia le esigenze. E non si comporti nel momento
del bisogno come la ghiaietta sotto le ruote in una curva un po' stretta.
Sintesi allo stesso tempo di saggezza e di scienza, deve essere ampia,
tranquilla, orientata alla pratica e in più: sicura, precisa, speculativa,
definita e capace di definire. Pensate alla vocazione di un monaco: il monaco
deve acquisire questa teologia silenziosa in base al tempo che dedica alla
vita interiore. Ora, questa teologia esige più rigore, lavoro e continuità
che la teologia predicabile, per la quale è sufficiente che, una volta
riempita, la pentola sia rimessa sul fuoco con una certa frequenza. Della
teologia silenziosa l’anima invece deve vivere, poiché essa è, nella certezza
e nella verità, la base dell’unione con Dio. E detta delle scelte, educa il
cuore, suscita e guida le aspirazioni, influenza l’orazione. Il monaco ha dunque bisogno di
questa scienza che l’esegesi da sola non può rimpiazzare *
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