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scheda

Friedrich Wilhelm Förster

Il valore educativo dei lavori domestici


Friedrich Wilhelm Förster ( Berlino 1869 - Zurigo 1966 ) famoso docente di Filosofia, di Educazione Morale, di Analisi Psicologica, di Pedagogia (e di Politica) nelle Università di Zurigo, Vienna e Monaco di Baviera.

Il testo che segue corrisponde all’ultimo capitolo (pagg. 341-376)
dell’opera IL CRISTIANESIMO E LA LOTTA DI CLASSE
nella versione italiana, Torino STEN, 1909 (edizione originale: Zurigo 1905)

Si noti la data di quando è stato scritto il testo:1905!


a cura dei monaci della Abbazia Nostra Signora della Trinità - Morfasso (PC) Italia


Tutti i diritti sono riservati per il testo: © all'Autore e all'Editore

 

 

sommario

 

Il valore educativo dei lavori domestici

 

Introduzione

Necessità di una riforma radicale
dei nostri concetti di cultura

Solo allora cesserà l’avversione al servire

Falso culto dell’istruzione intellettuale astratta

Spirito e materia nel paganesimo e nel Cristianesimo

Il lavoro domestico
possiede la più grande virtù educativa

Questa virtù deve essere rimessa in onore
con nuovi argomenti

Marta e Maria

L’avvenire del servizio domestico

 

 

Friedrich Wilhelm Förster

 

IL VALORE EDUCATIVO
DEI LAVORI DOMESTICI


Introduzione

Nel capitolo precedente ho parlato degli inconvenienti dell'attuale posizione dei servi, come pure della riforma etico-sociale necessaria nei rapporti fra i padroni di casa e i loro dipendenti.
Nessun mutamento d'indirizzo in questo campo potrà però veramente risolvere il problema del servizio domestico. Perché la più profonda ragione dell'avversione al servizio domestico ed alle sue esigenze, e del malcontento destato dalle sue mansioni, non risiede solo negli inconvenienti già accennati, ma anche nel fondamentale atteggiamento della donna di fronte ai lavori domestici in generale, e al servizio personale in particolare. L'atteggiamento della donna cólta di fronte al servizio domestico è la ragione principale per cui tale servizio è caduto assolutamente in discredito anche presso le classi.
Tale atteggiamento è strettamente connesso a tutti i concetti falsi e superficiali che noi abbiamo della cultura; ma probabilmente l'avversione al lavoro manuale, all'occuparsi delle materie prime che servono a mantenere in vita, deriva anche da tutto quanto lo spirito di questa nostra età delle macchine, e dal valore ch'essa attribuisce al lavoro tecnico ed astratto. Comunque sia, se si vuole che il servizio domestico acquisti una nuova attrattiva, che possa compensare le sue speciali gravezze, la prima e più urgente condizione è che precisamente le donne cólte si volgano di nuovo ad esso volonterose, ne riconoscano il profondo valore educativo, e lo elevino alla dignità d'un ufficio che esige una seria preparazione e l'attivo concorso di tutte le capacità umane, invece di considerarlo come un'attività manuale d'ordine inferiore, necessaria per sbrigare i lavori che non son fatti dalle macchine.
Questo mutamento d'indirizzo nella più intrinseca valutazione del lavoro domestico deve però esser fondato sopra seri motivi. Ad esporre questi motivi, ed anche a discutere il moderno concetto di « cultura », sarà dedicato il presente capitolo. Mi propongo di dimostrare, che il lavoro domestico abbisogna non soltanto di una metodica preparazione tecnica, ma soprattutto di una nuova consacrazione ed ispirazione, e di esser messo più profondamente in rapporto coi beni spirituali, per assumere di nuovo un posto elevato nella gerarchia dei lavori, e per offrir di nuovo un compenso a tutti i particolari sacrifici ch'esso impone.
Su questa via dimostrerò poi ancora che le professioni, che si occupano delle materie prime della vita, spesso richiedono assai più spirito ed anima, e sviluppano la personalità assai meglio di certe cosiddette professioni intellettuali – supposto naturalmente che alla loro attività presieda un concetto superiore. Da queste dimostrazioni trarrò infine le conseguenze assegnando al lavoro domestico un nuovo posto nella gerarchia degli altri uffici della donna.

 

Necessità di una riforma radicale
dei nostri concetti di cultura

Il problema della donna non dovrebbe propriamente esser formulato così: si deve permettere o vietare alle donne l'accesso alle professioni maschili e ai corsi d'istruzione maschili? – ma bensì in quest'altro modo: può e deve la donna, in base alla sua più personale conoscenza della vita e della sua propria natura, limitare i suoi dominii, e cedere spontaneamente agli uomini la maggior parte dei campi che anche a lei son dischiusi?
Non sta ella per creare, sul campo della conquistata libertà, nuovi uffici rispondenti alle sue particolari attitudini? E non potrà ella in tal modo esercitare un'influenza riformatrice nel campo del lavoro e della cultura? Perché solo allora si potrebbe veramente dire che la donna « è penetrata nelle professioni maschili »; mentre in caso diverso non si tratta che di professioni maschili penetrate nel mondo femminile.
In tutti i paesi civili le donne hanno ora avuto occasione di provare le più diverse professioni maschili; e in molte di loro appare evidente una grave delusione. Sentono esse che la grande maggioranza di queste professioni non mette in attività le più intime energie femminili; e cominciano a guardarsi attorno per trovar cerchie d'azione più rispondenti alla speciale natura della donna. Questa conversione, sempre più manifesta nel mondo femminile, richiama la nostra attenzione sui fatti seguenti.
La massima parte del lavoro e della cultura maschile è oggi del tutto impersonale ed astratta, e lascia perciò senza alimento nell'uomo il lato veramente « umano ». I raffinamenti della tecnica, della burocrazia e dell'erudizione escludono affatto l'uomo che lavora da ogni rapporto con la vita reale e con l'uomo reale; il lavoro stesso è spogliato d'ogni relazione coi beni più personali dell'anima. Una volta si lavorava per maggior gloria di Dio, o nel nome di Gesù Cristo; perché si lavora oggi? A che tutta questa fretta affannosa, questa febbrile tensione, questa concorrenza brutale? Nessuno lo sa. Unicamente si sa che tutto questo non è « per maggior gloria di Dio », né per onorare e coltivare il divino nella natura umana, e che anzi ci smarrisce nel mare delle cose superflue ed esteriori. Si può dire che l'attuale maniera di lavorare va sempre più uccidendo l'anima dell'uomo.
E che cos'è la cosiddetta cultura superiore dei tempi nostri? Rispecchia lo spirito del moderno lavoro e gli è soggetta: è un cieco e balordo impossessarsi di un'enorme quantità di sapere, in cui va perduta ogni distinzione fra essenziale ed accessorio. Una cultura, che in verità non coltiva niente, né lo spirito, né l'animo, né la volontà. L'uomo diventa un sempre più voluminoso catalogo vivente di ogni cosa possibile, e non ha più alcun rapporto con la vivente verità.

 

Solo allora cesserà l’avversione al servire

Perché dunque la fanciulla moderna abbandona la sfera del suo concreto servizio personale, per andare ad intristirsi in quel grande meccanismo? Non è soltanto la miseria materiale, che la spinge; e non è solo perché oggidì in molti casi l'attività domestica offre troppo scarse occasioni d'intenso lavoro, e riesce perciò insopportabile alle nature energiche, rifuggenti dall'ozio. Ma è sopratutto perché manca oggidì anche al servizio personale il vero spirito animatore che lo illumini e lo trasfiguri, manca un manifesto riferimento ai più alti beni dell'uomo interiore, una salda connessione con le grandi finalità della vita e coi grandi pensieri che elevano l'uomo al disopra della sfera troppo soggettiva e troppo personale. Il piccolo non è più penetrato dallo spirito del grande.
Anche questa profonda ragione quindi, astrazion fatta da ogni stimolo del bisogno materiale, ci fa comprendere perché la donna abbandoni la cerchia semplice della sua vita ordinaria. Ella si volge alle professioni maschili per goder le gioie dello spirito e dell'intenso lavoro, ma s'accorge che tutte lasciano inattivo o intristiscono in lei ogni elemento « umano »; e senza questo elemento umano ella non può lavorare. E così se ne torna indietro delusa. Non c'è dunque una via di mezzo?
Certo non c'è altra via che questa: che le donne si dedichino con tutta la concentrazione a quegli uffici che hanno un immediato rapporto personale con l'uomo: servizio, governo della casa, educazione, cure o soccorsi spirituali e morali; uffici che rappresentano per così dire un'estensione del sentimento materno o sororale, e che mettono in attività le più vive doti e inclinazioni della natura femminile.
Convien che la donna elabori ed estenda questi uffici in ogni senso, che li perfezioni dal lato della tecnica e del metodo, e sopratutto, che ne approfondisca il lato spirituale e trasfonda in essi quella superiore ispirazione, che può sposare la vita pratica ai bisogni dell'uomo interiore, anzi far sì che l'una e gli altri si fecondino e si elevino a vicenda.

 

Falso culto dell’istruzione intellettuale astratta

E inoltre bisogna smascherare i concetti falsi e affatto superficiali che si hanno oggi dell'istruzione e della cultura personale, concetti che inducono a celebrare le cosiddette professioni intellettuali come il solo genere di lavoro veramente superiore e veramente educativo, e ad attribuire ad una professione tanto meno importanza per lo sviluppo della personalità, quanto più lavoro manuale essa contiene, e quanto più immediati sono i rapporti ch'essa ha con l'uomo. Si potrebbe dimostrare che precisamente il contrario è vero.
Esaminiamo ora, partendo da questi punti di vista, alcuni degli uffici della donna. Anzitutto il lavoro domestico propriamente detto è oggidì certo l'ufficio femminile tenuto in minor conto. Mi proverò a stabilire con un'indagine fondamentale il valore educativo appunto di questo semplicissimo tra gli uffici della donna.
È proprio vero che il lavoro puramente spirituale è quello che più fortemente sviluppa nell'uomo il lato superiore, spirituale? Nel suo più intimo l'uomo anela ad elevarsi al disopra della materia, e così affatto inconsciamente attribuisce il massimo valore a quel lavoro, che ha meno da fare con le cose materiali e visibili, e che più esclusivamente si aggira nel mondo spirituale. È per questo, anzi, che il paganesimo disprezzava tanto il servizio personale e il lavoro manuale.

 

Spirito e materia
nel paganesimo e nel Cristianesimo

Il Cristianesimo invece ha dato appunto a questi uffici il carattere più sacro e il più gran valore, non perché gli importasse meno la vita spirituale, ma perché conosceva più a fondo la vera igiene della nostra natura spirituale, e sapeva, quindi, che l'elemento spirituale è messo alla prova e sprigionato in noi nel miglior modo non dall'avversione per la materia, ma dal metodico assoggettamento di essa.
Chi osserva da questo punto di vista le diverse specie di lavoro e la loro azione sull'uomo interiore, dovrà ammettere che lo studio scientifico, per quanto indispensabile, è tuttavia assai più un pericolo che un aiuto per la vera cultura, per la vera spiritualizzazione dell'uomo. Perché qui l'energia spirituale viene distolta dalla vita personale e occupata in cose che per l'autoeducazione non hanno alcuna importanza. Lo spirito non è indirizzato al vigile controllo del corpo e delle azioni, non combatte contro le influenze avverse della vita e degli uomini; anzi non s'occupa affatto di queste cose e resta assorto nella sfera spirituale.
È a questo che si vuole alludere quando si accusano gli scienziati di assenza di spirito e di distrazione. Questo indirettamente può tornare a vantaggio dell'umanità; ma lo scienziato è, per quanto riguarda la sua cultura personale, un vero martire di tale assenza di spirito. Egli può aver acquistato una cultura interiore da altre fonti, non mai dal suo lavoro professionale; su questo non dobbiamo farci alcuna illusione.
La vera cultura si acquista solo quando lo spirito esplica la sua energia creatrice nella vita personale, non quando si libra e lavora al disopra della vita; la vera cultura non viene dall'assenza di spirito, ma solo dall'onnipresente signoria dello spirito sulla materia, e dalla vitale compenetrazione di ogni nostra parola ed azione con le energie dell'anima. Ma tale assoggettamento della materia a finalità superiori è cosa che richiede penoso esercizio e lunga abitudine; e appunto il cosiddetto lavoro domestico offre a ciò la migliore occasione. Nella sua più intima essenza esso è trasfusione d'anima nella materia, è signoria dello spirito sulla vita.
Se così spesso le donne sono superiori all'uomo per vera cultura, ciò non dipende soltanto dalla loro più fine organizzazione, ma anche da questo, che i loro lavori le rendono incomparabilmente più atte a spiritualizzare la materia, a dirigere con lo spirito ogni loro azione, che non possa il lavoro astratto, in cui manca una continua azione pratica, un continuo controllo sui movimenti o sugli stati del corpo. Queste prerogative non son proprie soltanto del lavoro domestico, ma anche del semplice lavoro manuale. Un uomo come Pestalozzi ne ha già esaltato la particolare importanza educativa: secondo lui, il lavoro manuale educa alla riflessione, all'amore, anzi persino al pudore, appunto perché costringe lo spirito ad una continua vigilanza, e con ciò crea un saldo legame fra il corpo e l'anima, fra il pensiero e la vita, cosicché l'uomo impara a vivere « con presenza di spirito ».
Questa vigilanza dello spirito non è anche l'essenza del tatto femminile, di questa delicata connessione di ogni atto e parola, anzi d'ogni gesto od espressione del viso col più intimo dell'anima? E non viene tale « presenza dell'anima » appunto esercitata per mezzo del lavoro manuale, che di continuo vieta allo spirito d'isolarsi, e lo costringe ad esser presente fin sulle punte delle dita? Chi si renda conto di questo, ammetterà che il lavoro manuale, precisamente perché è diretto a vincere la resistenza visibile della materia, è un'ottima scuola della tenacia di volontà, della pazienza, della coscienziosità e dell'esattezza; appunto perché qui le cose fatte a mezzo od a capriccio colpiscono subito l'occhio con sgradevole evidenza.
Per questa sua semplicità e chiarezza il lavoro manuale è anche in alto grado appropriato ad esercitare e a tener desto nell'uomo il desiderio dell'assoluta perfezione. E questa semplice educazione all'accuratezza ed alla vigilanza non è poi anche d'importanza veramente fondamentale per sviluppare nelle donne il sentimento materno inteso nel più ampio senso della parola? Nessun corso di lezioni sulle cure da prestare ai bambini e sull'educazione infantile può sostituire questo esercitarsi ed abituarsi a concentrare la propria attenzione sulla vita reale, e sui propri atti !

Ogni lavoro manuale che sia eseguito in tal modo, cioè con un profondo interesse spirituale, non è già più un semplice lavoro manuale, ma un lavoro spirituale, e fortifica nell'uomo la spiritualità e il carattere. Il lavoro manuale coscienzioso è una vittoria immediata sulle potenze materiali della pigrizia e della carnalità, è un trionfo dell'energia e libertà spirituale, e contribuisce quindi in modo immediato al predominio dello spirito, anche in tutti gli altri campi. Molto spesso gli uomini si rivelano assai meno resistenti delle donne ai dolori grandi e piccoli; e anche questo perché lo spirito e la volontà degli uomini son meno indirizzati all'immediato controllo e dominio sulla propria vita, o meglio ne sono addirittura distolti. Cultura però è applicazione dello spirito alla materia personale, cultura vuol dire « incarnazione dello spirito ».

 

Il lavoro domestico
possiede la più grande virtù educativa

Ma oltre al lavoro manuale, il lavoro domestico racchiude in sé ancora altri impulsi di grande efficacia educativa; anzitutto il servizio personale, il rapporto con uomini viventi. Non per niente i savi di tutti i tempi e di tutti i popoli hanno rappresentato la vita sociale come una scuola di correzione per gli uomini capricciosi ed egoisti, ed hanno raccomandato all'uomo di utilizzare gl'impedimenti e le difficoltà della vita in comune come occasioni per sviluppare il suo io interiore. In tal senso può dirsi fortunato l'uomo che per la sua professione deve aver rapporti intimi e concreti coi suoi simili; perché questa è per lui veramente una scuola superiore dell'amore e del dominio di sé.
Chi presta servizio personale in una casa, deve adattarsi alle più diverse esigenze individuali, esercitarsi ad esser paziente e riguardoso verso le particolari debolezze degli uomini che non hanno mai prestato servizio personale e perciò non sanno che cosa voglia dire; inoltre questo lavoro è di una grande efficacia educatrice sotto ogni aspetto, ed offre occasione di conoscere e giudicare gli uomini, per cui soddisfa in misura affatto speciale alle condizioni di un lavoro veramente utile alla cultura personale.
Ruskin dice con ragione che il contrassegno della donna veramente regale, veramente « signora » è la sua infinita varietà ed abbondanza di risorse nell'aiutare altrui. E questa perspicacia e mobilità dell'amore servizievole è nel tempo stesso la più alta esplicazione dell'anima, la più alta educazione e trasformazione operata dalle potenze dello spirito nell'uomo naturale. E si noti bene: educazione non solo nel senso etico, ma anche nel senso della maturità spirituale; educazione all'amore, perché opera contro l'irrequieto nostro capriccio ed egoismo e ci fa avanzare nel dominio di noi stessi; educazione che inoltre libera ed anima in modo mirabile il nostro pensiero, sottraendolo alla tirannia del meschino « io » con tutti i suoi ciechi desideri, con le sue passioni, e con la sua caparbia ristrettezza di vedute. L'amore soltanto rende il nostro pensiero universale, lo fa penetrare nell'infinita molteplicità e varietà delle relazioni e dei bisogni umani; mentre il pensiero dell'uomo non educato all'amore sarà sempre, dal più al meno, una teoria dell'egoismo e della strettezza di cuore. Di qui la grande maturità spirituale di pensiero di molte donne che formano i loro pensieri in un'esistenza consacrata al servizio personale, ed a questo li volgono assiduamente; di qui la grande immaturità spirituale di certi uomini, che stanno sulle più alte cime del sapere, eppure nelle questioni della vera sapienza pensano e parlano come ragazzi.
È quasi incredibile quante donne abbiano oggidì smarrito il senso di queste semplici verità; se così non fosse, non si troverebbero tanto spesso giovani signorine e signore che credono proprio sul serio che lo studio astratto porti con sé anche la vera cultura superiore, la vera libertà dello spirito e lo sviluppo rigoglioso della personalità, e che di fronte ad esso il lavoro domestico occupi un posto inferiore. La personalità vien solo destata dall'amare, sviluppata dal servire, fortificata dal vincere sé stessa; la cultura si acquista solo facendo energicamente penetrare lo spirito nel mondo della materia, e assoggettando ogni cosa alla potestà ordinatrice dell'anima; e a questo il lavoro domestico offre appunto i più validi incitamenti ed uffici.
« Il figlio dell'Uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire egli stesso ».
Queste parole, che Gesù Cristo disse allorché lavò i piedi agli Apostoli, hanno un profondo senso per tutto il problema di cui ci occupiamo: l'Altissimo viene all'uomo in sembianza di servo, per dimostrargli che solo in sembianza di servo egli può giungere all'Altissimo !
Jane Carlyle, la sposa di Tommaso Carlyle, ha scritto una volta nel suo giornale la seguente considerazione: « Non è la grandezza o la piccolezza del dovere da compiere, che rende nobili o ignobili le azioni dell'uomo, bensì lo spirito col quale egli lo compie. Il pane di Dumfries non piaceva a Carlyle; perciò era evidentemente mio dovere di sposa cristiana fare il pane in casa. Ma io non sapevo affatto come si facesse, e per sorvegliare il forno e cuocere il pane passai una notte intera senza chiuder occhio, oppressa da un'orribile stanchezza, da pensieri tormentosi e da un sentimento d'umiliazione; quand'ecco mi vene in mente Benvenuto Cellini, che aveva vegliato una notte intera per la fusione del suo Perseo, e chiesi a me stessa: Può l'occhio di Chi sta lassù veder tanta differenza fra una statua di Perseo ed un pane, quando in un caso e nell'altro noi ci proponiamo come speciale assunto la perfezione? In questo pensiero trovai pace ».
« Lo spirito col quale egli lo compie » – sicuro. Perché anche qui vale il detto: « Ogni cosa mortale non è che un simbolo ». Non v'è niente di piccolo per colui che compie ogni piccola cosa nello spirito del grande. Anzi il grande si rivela veramente solo nel modo di compiere il piccolo. Non tutti possono far cose straordinarie, ma tutti possono fare le cose più usuali con uno spirito superiore al comune.
Jane Carlyle alla sua considerazione avrebbe ancor potuto aggiungere che per l'umanità la statua di Perseo era certo più preziosa del pane ch'ella aveva fatto cuocere, ma per lei stessa quell'umile lavoro era ben più importante di un'opera d'arte o di un trattato scientifico, perché da esso ella aveva imparato ad assoggettare spiritualmente appunto il mondo materiale ed inferiore, e ad utilizzarlo per fortificare lo spirito. E questo è il dovere supremo dell'uomo, di quest'essere, che già un antichissimo intuito rappresentò come enigmatica sfinge, come dibattentesi nelle strette della sua duplice natura materiale–spirituale, finché l'enigma venne risolto sul Golgota: lo spirito deve assoggettare interamente la materia « Io vi ho dato un esempio! ».
Rusbroek, il più grande e profondo fra i mistici del medioevo, che Goethe mette in scena nella seconda parte del suo Faust sotto le spoglie del Pater ecstaticus, « nella cella più alta e più linda », in convento si assunse fra le altre cose l'incarico di trasportare il concime, confermando in tal modo la profonda e vera dottrina, che appunto nei servizi gravosi e bassi si ha un'ottima occasione di manifestare la più alta spiritualità. L'avversione al servire dimostra sempre una debolezza e una viltà della vita spirituale, un predominio indisputato di sensazioni e di capricci del corpo.
Una principessa del medioevo lavò in persona le piaghe dei lebbrosi, e bevve un sorso dell'acqua che aveva servito per lavarli; ciò per punirsi della nausea che aveva provato nell'assisterli. Tale assistenza e tale dominio di sé è veramente eroica educazione dello spirito e rivela assai più superiorità spirituale di tutta l'erudizione del mondo. Noi moderni inorridiamo di tali trionfi, perché con tutta la nostra cultura intellettuale abbiamo perduto il vero ed appassionato interesse alla completa signoria dello spirito; non abbiamo più la forza per servire senza alcuna pietà di noi stessi, perché del servire non comprendiamo più il significato e l'importanza spirituale.
Jane Carlyle dovette passare una notte insonne per scoprire quel significato e quell'utilità spirituale del suo lavoro materiale, e per stabilire il contatto fra materia e spirito, anima e lavoro. A molte donne non basta a scoprir questo mistero tutta la vita. Perciò uno degli uffici più elevati di una vera educazione femminile sarebbe d'insegnare, partendo da punti di vista superiori, come si possano elevare i lavori e i servizi materiali all'altezza di attività spirituali, e come si possa produrre l'energia spirituale a ciò necessaria, ed altra energia spirituale ricavare dai lavori stessi. Perché evidentemente il lavoro manuale ha una virtù educatrice per lo spirito soltanto se venga compiuto con la cooperazione di questo. Ed è altrettanto evidente, che il servizio personale possiede la sua virtù fortificatrice dell'anima solo quando venga dall'anima consacrato, sostenuto e diretto.

Il lavoro manuale senza spirito e il servizio personale senz'anima naturalmente non possono che ridurre l'uomo ad una macchina. Il pregiudizio contro questo genere di lavoro trae sempre nuovo alimento dalla vista di quegli uomini che compiono il lavoro materiale solo materialmente. Ma il contegno di costoro dimostra forse che non sia vero che l'esecuzione spirituale di un lavoro materiale è il più alto ed importante trionfo dello spirito, e che veramente educativo è solo ciò che spiritualizza la materia?

 

Questa virtù deve essere rimessa in onore
con nuovi argomenti

Quel che importa è di far comprendere all'uomo le ragioni supreme di questa verità, e d'interessare le aspirazioni del suo spirito per il lavoro ed il servizio materiale, appunto perché l'uomo interiore può qui provare, mettere in azione e sviluppare nel miglior modo la sua potenza creatrice, e perché tutto questo lavoro è un simbolo e un esercizio per il nostro assunto supremo: generare una coscienza viva e vigile, animare e illuminare, « di dentro » assiduamente il nostro io materiale. Quando l'uomo s'è ben penetrato e innamorato di questo assunto, quando è giunto a considerarlo come bene e fine supremo della vita, distinguendolo nettamente dai beni apparenti e da tutte le cose accessorie, allora gli si rivela d'improvviso il potere edificante degli infimi lavori, l'importanza spirituale del lavoro domestico, la virtù educatrice dell'amore servizievole.
Per questa ragione è d'importanza decisiva appunto per l'educazione pratica dell'uomo il mettergli ben chiari davanti agli occhi, nel loro più intimo senso, gl'ideali supremi della vita personale, e il dimostrargli che essi esigono tutti l'assoggettamento dell'io materiale da parte dello spirito, e che quindi per accostarsi ad essi non c'è di meglio che far discendere lo spirito dalle altezze dell'astrazione, a fondare « in sembianza di servo » il suo regno nel mondo delle cose materiali.

 

Marta e Maria

Tale è anche il senso della storia di Marta e Maria. In apparenza il Cristianesimo scredita il lavoro, perché impone finalità ad esso superiori, e strappa l'uomo alla pura idolatria di esso. « Maria ha scelto la parte migliore ». Questa espressione menoma forse il valore del lavoro? No: appunto quando l'uomo è da finalità sublimi elevato alla suprema coscienza della sua destinazione spirituale, appunto allora il lavoro gli appare in una nuova luce che lo trasfigura: gli appare cioè come un mezzo d'esercizio per la vittoria dello spirito sulla vita, come una scuola della padronanza di sé; e tutte le immani energie destate nelle profondità dell'anima per il raggiungimento di quel fine superiore tornano ora anche a vantaggio del lavoro.
Così avvenne che appunto il Cristianesimo, che pone Maria al disopra di Marta, pure destò così inesauribili energie per i lavori più penosi, umili e disinteressati. Promettendo al vincitore la corona della vita, esso ha coronato appunto quel lavoro che richiede una maggior vittoria sopra sé stessi.
Maria, che aspira a quella corona, e che in confronto di essa ha in dispregio ogni cosa terrena, è anche la miglior lavoratrice; l'anima sua si vota con dedizione completa all'infinito sacrificio, e appunto per questo il lavoro più ingrato deve apparirle pieno d'inesauribili attrattive, e il servire come il più alto servizio di Dio; la sua energia di lavoro ha fonti più grandi e copiose, è guidata da un amor superiore, e sa distinguere l'essenziale dall'accessorio meglio di Marta, che è spinta semplicemente dalla gioia di creare, che non è all'altezza dei più gravi uffizi del creare e del servire, e troppo facilmente soccombe nelle difficoltà.
L'antico motto ora et labora ha un senso assai profondo, anche perché vuol pur dire, che per l'energia, per la costanza e per la sicurezza dell'intento in ogni lavoro è d'importanza decisiva che l'anima si tenga bene stretta alla sua destinazione suprema, si separi dal mondo dell'apparente e del transitorio, e riempia sé stessa del desiderio intenso di una perfezione, che non è di questo mondo: e così purificata e raffermata diriga poi ogni azione creatrice, e trasformi il lavoro terreno in lavoro celeste, in un'opera intesa ad onorare e ad estendere il mondo spirituale.
Dunque: perché i più semplici lavori e servizi apportino all'uomo quelle benedizioni che in loro si celano, Marta deve diventar Maria, cioè l'uomo deve adottare il punto di vista più elevato, da cui il suo dovere di assoggettar la materia gli apparirà nel suo senso più perfetto e più maturo.
L'ora et labora però non si riferisce soltanto al lavoro manuale, ma sopratutto anche alla parte più difficile di ogni sorta di servizio personale, cioè al modo di trattare con gli uomini. Se non v'è grandezza di pensieri e d'ideali, questa immediata e stretta relazione coll'uomo reale con tutti i suoi capricci e debolezze, e con le sue egoistiche preoccupazioni, contribuirà assai più ad amareggiare ed a paralizzare la vita interiore, che non ad animarla e ad accrescerla. L'amore di Marta è accecato dallo spirito d'irrequieta attività; manca ad esso lo sguardo penetrante dell'anima calma e raccolta, che applica i suoi esercizi di contemplazione e di meditazione anche nei rapporti con l'uomo, e si prende tempo per riflettere e per approfondirsi in lui. Senza questa sorta di contemplazione non vi può essere nel campo dell'azione pratica altro che stasi, dissoluzione e lotta.
Marta non conosce bene l'uomo. Inoltre l'inferiorità di Marta rispetto a Maria si rivela anche in questo, ch'ella per mancanza di una luce superiore deve soccombere alle cure ed alle difficoltà del servizio quotidiano, e non ha nessun rimedio contro le delusioni che le procurano i suoi rapporti con gli uomini, nessuna interpretazione conciliante, nessuna idea del come tutto questo possa essere utilizzato e trasformato a profitto dell'io interiore. E perciò si spiega anche il grido angoscioso che s'eleva oggi dalla vita di Marta, dalla sfera cioè del servizio compiuto stupidamente e senz'anima; e si spiega questo rifuggire da tali servizi per volgersi alla cerchia del lavoro impersonale e puramente spirituale. Ma la vera via è, come abbiam visto, che il servizio venga messo in rapporto con la vita spirituale dell'uomo, sì che serva a questa e sia da questa servito, fortificato ed elevato!
Perciò il servizio domestico inteso nel più ampio senso esige un'educazione femminile, che non soltanto spiritualizzi e colleghi all'attività del giudizio, sia dal lato scientifico, sia dal lato tecnico, l'elemento materiale, ma che sopratutto con un insegnamento etico e religioso sappia anche interessare appunto per le difficoltà di questo servizio il più intimo dell'anima umana, e la aiuti a convertire queste difficoltà in valori spirituali.
Perciò la scuola ideale d'economia domestica non è quella di Marta, ma bensì quella di Maria, in cui, con una radicale cura dell'anima e con l'esempio dei grandi eroi ed eroine dell'amore e dell'abnegazione, le discenti vengono così efficacemente iniziate alla vita superiore dell'anima, e così chiaramente edotte del legame che unisce con tale vita il loro servizio, che nel mondo della materia si sentono veramente come sacerdotesse dello spirito e dell'amore.

 

L’avvenire del servizio domestico

Consideriamo ora dai punti di vista sopra esposti le possibilità di sviluppo del lavoro femminile domestico. Fermiamoci anzitutto al grado più basso, alla fantesca, alla cameriera. Nel trattare della questione sociale abbiamo già visto, che le facilitazioni introdotte dalla tecnica nei lavori più grossolani, il salario più elevato, ed anche il miglioramento delle condizioni di lavoro e di riposo indubbiamente prepareranno a poco a poco un ritorno di figlie delle cosiddette « migliori famiglie » alla sfera del servizio personale. In America si possono già osservare numerosi prodromi di tale cambiamento, perché là in generale non si nutre per il cosiddetto lavoro umile quell'aborrimento, che in Europa vive tuttora, ed è una conseguenza delle false norme e gerarchie stabilite dalla boriosa cultura umanistica.
Tale mutamento è verosimile per la ragione seguente: La tecnica moderna alleggerirà ancora di qualche peso il governo individuale della casa, ma d'altro lato nella preparazione degli alimenti si sarà sempre più costretti a premunirsi contro le innumerevoli falsificazioni e adulterazioni delle sostanze alimentari, col tornare su vasta scala all'industria individualistica.
Quanto più l'accentrarsi e il socializzarsi dell'industria ci alleggerisce delle cure accessorie, tanto più spazio, tempo ed energia ci lascia per una preparazione degli alimenti che sia guidata dalla carità, e non dall'avidità di guadagno e dalla noncuranza che son proprie dell'industria centralizzata. Nei paesi industrialmente più progrediti, come ad esempio in Inghilterra, il lavoro manuale in certi determinati campi è in pieno rifiorire, perché la lavorazione in grande non è in grado di soddisfare alle esigenze del gusto, della solidità e della perfezione artistica.
Parimenti col tempo anche il governo individuale della casa ritoglierà alla tecnica centralizzatrice ed alla produzione in grande parecchie cose che da esse non sono evidentemente fatte a dovere, perché abbisognano in modo assoluto della lavorazione individuale. La produzione in grande non potrà mai sostituire l'amor premuroso; il lavorare gli uni per gli altri nella cerchia più ristretta, l'adattare i lavori ai bisogni concreti dell'uomo vivente non è soltanto una profonda aspirazione del vero amore e un mezzo indispensabile per educarci all'aiuto attivo, ma è qualcosa d'insostituibile e d'indispensabile anche dal lato tecnico, igienico ed economico. Non è dunque affatto vero che in avvenire il cosiddetto lavoro domestico sia per scomparire dal mondo; in certi campi esso cederà il posto alla centralizzazione, ma per rivivere tanto più rigoglioso in certi altri, benché con più delicate esigenze riguardo all'istruzione tecnica, all'educazione etica ed alla mobilità spirituale di chi se ne assumerà l'incarico.
Al mondo femminile spetta di rendersi conto di questi bisogni, di approfondire sempre più in tal senso l'educazione femminile, e di interessare nuove lavoratrici per il servizio domestico, in base ad un concetto spiritualizzato di esso. Perché non dovrebbe esser possibile costituire, analogamente all'organizzazione delle Sorelle della Croce Rossa, una organizzazione di « Sorelle del servizio domestico », che esigesse da tutte le sue componenti i titoli comprovanti un'istruzione superiore in fatto di economia domestica, assicurando loro in ricambio anche un compenso pecuniario adeguato e adatte condizioni di lavoro?
Oltre alle ragazze, che si danno a tale servizio per guadagnarsi da vivere, ve n'hanno oggidì numerose altre, che pur non avendo assoluto bisogno di esercitare una professione, sentono tuttavia dolorosamente la miseria dei lavori oziosi, del continuo trastullarsi, e del saper le cose a mezzo, e riconoscono ben chiara la necessità morale di un lavoro ordinato e severo, e di una perfetta conoscenza di causa. Che redenzione sarebbe per queste ragazze, se anziché alla solita cultura superficiale, o agli sport, o agli studi accademici (1), dedicassero il loro tempo ad acquistare una conoscenza veramente seria e tecnica del governo della casa (eventualmente magari con studi comparativi all'estero), e poi prestassero servizio in casa d'estranei, come aiutanti della padrona di casa, o addirittura come fantesche per ogni genere di lavoro – dato naturalmente che a casa loro ci sia poco da fare e quindi non s'abbia a sentir danno della loro mancanza.
Anche in caso contrario si potrebbe spesso ancor trovare una via di mezzo: prestar servizio solo durante una metà della giornata in famiglie d'estranei, dove la madre sia ammalata, o sovraccarica di lavoro, o costretta a lavorar fuori per guadagnarsi da vivere. Mettere e mantenere ogni cosa in ordine, insegnare ai bambini ad aiutare la mamma, pensare alle esigenze dell'igiene, della pulizia, del gusto... quale occasione per fare un lavoro concreto e fruttuoso, ed anche per estendere la propria conoscenza degli uomini, per orientarsi in nuove condizioni di vita, per esercitarsi nel trattare coi propri simili! Quanto bene potrebbero fare sovente in questo « volontariato » certe fanciulle a cui l'ozio prolungato rovina addirittura il carattere !
Non v'ha dubbio che in avvenire le vere ed esperte governanti verranno sempre più ricercate, rispettate e... pagate, man mano che il problema dell'educazione tornerà ad essere oggetto di un più vivo interesse, e che si abbandonerà l'usanza di far educare i figliuoli in collegio, comprendendo sempre più come dal lato pedagogico niente possa sostituire la cerchia della vita domestica (2).

Hilty nelle sue « Nuove lettere » fa ad una giovanetta la seguente proposta in tal senso: « Se Lei per esempio provasse a recarsi una volta al giorno, o magari solo due o tre volte la settimana presso qualche povera madre con numerosa prole, per vedere un po' come vanno le cose, e cercasse di alleviarle il peso del lavoro, dando assetto alla camera, facendo commissioni, educando e divertendo i bambini, troverebbe in queste cose assai più soddisfazione che non ne tragga da qualunque concerto e da qualunque conferenza, per quanto spiritosa... »
« Ho conosciuto una ragazza del basso popolo, che in tutta la sua vita non s'allogò mai regolarmente a servizio presso una famiglia, ma sempre era pronta a recarsi nelle case per aiutare, dietro un tenue compenso, a sbrigar lavori che fossero alla portata delle sue forze. Nella sua piccola cerchia di vita tutti sapevano di poter disporre di lei per ogni servizio, a giornate o anche a settimane, quando era necessario, e sapevano pure che sempre ella faceva i lavori nel miglior modo e con la più grande esattezza. E questa ragazza di nessuna apparenza, che certo in tutta la sua vita non aveva mai pensato all'amore né al matrimonio, e tanto meno poi a procurarsi un qualsiasi godimento, alla sua morte, dopo una lunga ed utile esistenza al servizio di tutti, fu pianta assai più di tanti illustri personaggi di quel paese ».
Si offrono in tal senso molte occasioni, naturalmente tanto più preziose per ambedue le parti, quanto più accurata ed estesa è stata la preparazione a tali aiuti domestici, e quanto più questi son frutto d'interna ispirazione.
Quelli che, partendo dal punto di vista della cultura astratta, parlano con disprezzo dei lavori domestici, non hanno presente quale universalità di cultura spirituale si richieda per saper con vera perizia governare una casa, e come i lavori della cucina, della stanza dei fanciulli, del salotto e della stanza da pranzo offrano campo di addentrarsi fin che si vuole nelle scienze e nella filosofia, col vantaggio veramente unico di collegare immediatamente ogni sapere con la vita, e di qui penetrarne il senso.
Che la chimica, la fisica, l'igiene, la dietetica e certe altre cognizioni di medicina siano sommamente utili, anzi necessarie anche, per esempio, per la cura delle malattie nervose, è evidente di per sé stesso; il problema della servitù poi ci porta nel cuore stesso della questione sociale, l'educazione dei fanciulli ci conduce alla psicologia ed alla pedagogia, ai problemi etici e religiosi. Anche dal lato pratico si richiede un'istruzione il più possibile universale: corsi di cura degli infermi, di giardinaggio, di lavoro manuale nel più ampio senso dell'espressione; e tutti questi corsi pratici vogliono alla loro volta essere integrati da un insegnamento teorico.
Questo « studio domestico » conduce a occuparsi anche del lato estetico: educazione del gusto mediante lo studio della buona arte, pura e applicata, ecc. Ma la cosa più importante di tutte sarà sempre l'infondere nello spirito di Marta lo spirito di Maria, con lo studio di sé, e col cercar le occasioni più adatte a tale scopo: elevarsi ai beni celesti dell'anima, e imparare a considerar la vita da quelle altezze, e a comprender sempre più chiaramente che si « edifica sulla sabbia » quando si trascura la salute dell'anima o la si pospone alle cose accessorie; convincersi che la cura dell'anima è la miglior cura della salute, che la parsimonia senz'amore e senza pietà fa del denaro una maledizione, che il solo ordine senza la vita spirituale irrigidisce il cuore, che il lusso e l'estetica possono abbrutire il nostro io interiore, precisamente come il culto della grossolana e nuda materialità.
Se l'anima non è profondamente educata e non conosce a fondo se stessa, ogni attività domestica non serve che alla morte spirituale: l'economia all'avarizia, l'igiene alla mollezza dei costumi, la cucina ad un grossolano epicureismo, l'ordine all'egoismo, il lavoro di sartoria alla vanità, l'educazione alla finzione, e tutte queste cose insieme ad abbrutire e ad inimicare fra loro quanti vi hanno parte.

 

Note

(1) Qualcosa di simile venne da alcuni anni tentato dall'americana Household Economic Association (Associazione economica del governo domestico), la quale ha fondato un ufficio che provvede cameriere, sia abili a tutti i lavori, sia specialiste, a ore, a giornate od anche a mesi; ma solo a quelle padrone di casa, che si siano precedentemente fatte iscrivere nelle apposite liste, sì che sia dato informarsi intorno al carattere delle rispettive loro case.
Lo stesso indirizzo è seguito dalla Household-Reform League (Lega per la riforma del governo domestico) di Boston, secondo quanto riferisce E. Conrad nel già citato opuscolo. Questa lega provvede posti solo a persone che abbiano già servito sei mesi in una famiglia, e ricusa la sua opera di mediazione a quelle padrone di casa che trattano i loro dipendenti in modo sconveniente. La lega accoglie anche lagnanze da ambedue le parti, e iscrive su apposite « liste nere » i nomi delle persone che ha riconosciuto colpevoli. La proposta da noi fatta sopra, che naturalmente non esclude altre organizzazioni, si riferisce veramente piuttosto a ragazze di buona famiglia; queste dovrebbero compiere un serio corso di studi, eventualmente anche nel giardino d'infanzia, e far vita comune anche durante il servizio, in una specie di « Casa Materna », la quale porrebbe a loro disposizione sale di ricreazione, e organizzerebbe anche altri corsi di perfezionamento.

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(2) Con questo non voglio dire che gli istituti di educazione non siano indispensabili, anzitutto come modelli per la pedagogia domestica, e in secondo luogo anche per quei ragazzi, per i quali l'ambiente domestico non sia per speciali ragioni adatto.
Oggidì non solo per la cura degli alienati e degli affetti da malattie nervose, ma anche per l'educazione di fanciulli abbandonati o pericolanti e per ricoverare orfanelli si torna sempre più decisamente a preferire la famiglia all'istituto; questo fa già riconoscere chiaramente l'indirizzo evolutivo attuale ed avvenire in questo campo.
Le razze dell'Asia orientale debbono forse la massima parte della loro energia sociale appunto all'aver dato ai rapporti familiari un posto centrale nel loro ordine di vita. Noi le uguaglieremo soltanto se in questo campo riusciremo a liberarci dal fatale morbo individualistico; e a tale uopo non occorre niente affatto che rinunciamo alle conquiste della libertà individuale, ma solo che diamo ad esse una più profonda interpretazione.
Abbiamo già dimostrato addietro come tali conquiste siano necessarie, anzi, per rendere più intima e spirituale ogni comunione di vita, e come d'altra parte senza questa comunione esse stesse degenerino troppo facilmente in una farsa. Quando la Nora d'Ibsen, senza esservi costretta da un motivo imperioso, e senza nemmeno provarsi a mutare indirizzo, abbandona la casa di suo marito « per cominciare a educare sé stessa, prima di educare gli altri », cade in una vera aberrazione astratta: perché l'uomo non si educa e non si matura nel vuoto, ma appunto mettendo a cimento il proprio spirito con le difficoltà e responsabilità della vita.

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